L'estinzione è disciplinata tra le "vicende anomale del processo" e tuttavia costituisce un esito tutt'altro che infrequente dei giudizi civili, se è vero che un numero elevato di procedimenti viene annualmente definito a seguito di rinuncia o inattività delle parti.
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In alcuni casi l'estinzione costituisce un esito patologico del giudizio, non adeguatamente coltivato dalle parti; in altri casi, essa non è altro che la manifestazione della sopravvenuta superfluità del processo per la soluzione di una controversia che ha trovato altrove la sua composizione. In tutti i casi, il perfezionamento della fattispecie estintiva pone delicate questioni applicative per lo più dovute alla non agevole interpretazione delle norme che disciplinano l'istituto. La riforma attuata con la legge n. 69 del 2009 che ha modificato il regime di rilevabilità dell'eccezione, restituendo al giudice il potere di dichiarare anche d'ufficio l'estinzione ha, a sua volta, sollevato nuovi dubbi interpretativi sui quali la giurisprudenza ha cominciato a prendere posizione; al contempo la riduzione dei termini processuali realizzata dalla medesima riforma per accelerare i tempi del processo ha reso più stringente il regime della inattività, accentuando la funzione sanzionatoria dell'estinzione.
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