"Identità visive" è un testo ancora valido che merita una nuova edizione. Un testo che invita a una lettura duplice: strettamente intellettuale, di sofisticata riflessione teorica, ma anche empirica ed operativa, perché in grado di esaminare problematiche di concezione, di coerenza o di percezione di identità visive della più svariata natura.
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E duplice, anzi molteplice, è anche l'applicazione della semiotica qui suggerita ed esercitata: non disciplina "tuttologica" e presuntuosa, ma attrezzo da bricoleur in senso proprio, indispensabile per comprendere e governare gli insiemi complessi di segni e le loro ragioni; attraverso l'analisi dei casi relativi a importanti marche aziendali - per le quali l'identità visiva rappresenta una dimensione particolarmente significativa - Floch mostra infatti come i significati si producano nella cultura sociale mediante una combinazione e una rielaborazione di segni preesistenti. Sul funzionamento dell'identità visiva sappiamo ancora poco, ma quel poco lo dobbiamo a questo libro e al pionieristico lavoro di ricerca portato avanti parecchi anni fa da Jean-Marie Floch.
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