La dottrina italiana ad oggi non ha dedicato un vero studio monografico al mutamento nelle condizioni patrimoniali dei contraenti, la cui definitiva consacrazione a figura di parte generale del contratto nel nostro ordinamento è merito dell'art. 1461 c.c. Alla carenza conferisce maggior spicco la prassi giurisprudenziale sviluppatasi intorno alla figura.
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L'indagine indica la necessità di seguire un percorso, nel quale la tradizione formatasi sul codice civile del '65 era già consapevole, almeno nella sua fase più matura, del "modello tedesco" costituito dal § 321 BGB, al quale un settore della dottrina contemporanea non a caso ritiene sia ispirato l'art. 1461 c.c. L'indagine approda alla conclusione che la nozione positivamente ricevuta di "mutamento nelle condizioni patrimoniali" va riformulata perché inidonea a esprimere la reale portata del trattamento positivo, che prescinde da questa connotazione ontologica del "divenire" delle condizioni patrimoniali, quale fatto nuovo e sopravvenuto nella realtà fenomenologica successiva alla conclusione del contratto. Un esito ricostruttivo giustifica dunque l'enucleazione della categoria concettuale della "manifestazione dello stato di dissesto", che si propone esclusivamente nella dimensione gnoseologica della oggettiva possibilità 'sottoposta al controllo offerto dall'usuale criterio dell'ordinaria diligenza' di prendere cognizione delle reali condizioni patrimoniali della controparte al momento della conclusione del contratto.
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